“La biomimetica è la scienza che si occupa dello studio del trasferimento di processi biologici dal mondo naturale a quello artificiale. L’uomo si ispira alla natura e mimandola trova soluzioni ai più svariati problemi.
Il primo in assoluto a riferirsi alla biomimetica è stato Leonardo Da Vinci, quando nei suoi studi sulle macchine volanti prendeva ad esempio il volo degli uccelli; un altro esempio di biomimetica è il tetto del Crystal Palace di Londra, costruito a metà del XIX secolo dall’architetto e botanico Joseph Paxton e ispirato alla Victoria Amazonica, una pianta appartenente alla famiglia delle ninfee. Ma dalla rivoluzione industriale ad oggi, lo scenario è inevitabilmente cambiato perché i progressi maturati nell’ambito delle nuove tecnologie propongono nuove prospettive di relazioni tra design e biologia e offrono nuovi possibili percorsi di interpretazione della natura.”
(Roberto Panzarani su centodieci.it)
Nasce la prima pianta bioluminescente, ispirata alle meduse e alle lucciole.
“Col tempo abbiamo progressivamente rimosso noi stessi dal mondo naturale e rinnegato la dipendenza da esso. La scienza, che inizialmente ha spinto verso questo processo di separazione, ora sta provando che, di fatto, le conseguenze di questo, possono essere dannose per noi così come per la biosfera. Per il nostro benessere è fondamentale ricostruire una connessione con la natura, in tutti i suoi aspetti sostenibili, portandola nelle città e nei suoi edifici in tutti i modi possibili, e al contempo accrescere il senso di urbanità.”
(Peter Buchanan, Synchronizing with nature / DAmagazine, Autunno 2014).
Se c’è un designer che ha impostato il proprio lavoro in questa direzione, credendo fortemente nel valore della luce e nell’importanza dell’illuminazione per il vivere quotidiano, questi è Dean Roosegaarde.
Olandese, ha stupito tutti progettando un percorso ciclabile illuminato da migliaia di pietre scintillanti ispirato alla Notte Stellata di Van Gogh, inaugurato ad Eindhoven per il “Van Gogh International Theme Year 2015”.
Il concetto, che ispira profondamente ogni suo lavoro, si concentra sulla volontà di creare situazioni urbane dove natura e tecnologia possano convivere per creare dimensioni sempre più vicine al sentimento e all’interazione. Naturalmente questi temi ben si sposano con l’esigenza, sempre più forte, di risposte sostenibili ed ecologiche in ambito artistico, architettonico, urbanistico (e quindi sociale). Da questo punto di vista, anche la tecnologia non è più fine a se stessa, semplice strumento di automazione, ma si trasforma da “mezzo” a “fine”. Il percorso progettuale si inverte e, se prima si individuava un’idea e poi si ricercava un modo per attuarla, ora si disegna uno scenario nuovo, ispirato proprio dai mezzi che lo renderanno attuabile. Si deve invertire, di conseguenza, anche il binomio civiltà-ambiente. Ormai obsoleto il modello di città che nasce ai margini della natura, limandone gli spazi e aggredendone i confini, per attivare invece il concetto di natura che condiziona il progetto materiale. Ciò avviene in una dimensione innovativa: la natura non è più solo una fonte d’ispirazione estetica (il periodo Liberty, ad esempio), ma cede sistemi, organismi e soluzioni già presenti biologicamente. Nasce così la Biomimetica, un metodo di studio, di osservazione, una materia scientifica che cerca di raggiungere delle soluzioni sostenibili alle continue sfide di innovazione e sviluppo, emulando modelli, forme e strategie del mondo naturale.
E’ in questo ambito che il già citato Roosegaarde decide di approfondire gli studi sulla possibilità di sfruttare la capacità naturale di alcuni animali, come le meduse e le lucciole, di emettere luce senza alcun utilizzo di stimoli elettrici esterni o di luce ultravioletta. Il primo risultato, nato grazie alla collaborazione fra il designer, la State University di New York e il centro di ricerca Bioglow Tech, ha portato alla creazione di una piantina bioluminescente; l’effetto è sbalorditivo, lo stelo e le foglie della piccola pianta, modificata geneticamente introducendo DNA di batteri elettroluminescenti all’interno del genoma di una pianta comune, emettono un leggero bagliore luminescente. Va da sé che un eventuale sviluppo e potenziamento di tale progetto è destinato a rivoluzionare tutto il mondo del lighting design.
Il Glowing Nature Paint
Ma c’è un altro progetto che il designer olandese – evidentemente affascinato, diremmo ossessionato dal tema della luce in natura – sta mettendo a punto con il nome di Glowing Nature Paint. Si tratta di una vernice biologica che, applicata alla corteccia dell’albero e sulle foglie, li rende luminescenti. Questa vernice biologica, innocua per l’albero, durante il giorno si ricarica per poi emettere una luce bioluminescente nelle ore notturne.
-“Bioluminescent forest” opera di Tarek Maward e Friedrich van Schoor.-
L’ispirazione è nata dalle particolari specie di funghi (ad esempio il Neonothopanus gardneri, uno dei più grandi e luminosi tra i funghi fluorescenti), che nelle ore notturne emettono luminescenza per attirare gli insetti e rendere così più efficiente la diffusione delle spore.
Ma al di là dei progetti più o meno fattibili, da questi dati emerge la chiara volontà, ormai diffusa fra i più visionari addetti alla progettazione urbana, di recuperare quanto di straordinario esiste in natura per un utilizzo autenticamente rivolto al benessere e alla sostenibilità. Se, come ci auguriamo, siamo ancora lontani dalla dead line di vivibilità del nostro pianeta, questa è certamente la strada da imboccare per realizzare progetti sensati; e non dimentichiamo cosa scrisse Albert Einstein: “Ogni cosa che puoi immaginare, la natura l’ha già inventata”.
E se lo diceva lui…