Philong Sovan è un fotografo cambogiano che usa i fari della sua moto per illuminare – e fotografare – luoghi e persone di notte.
A noi sembrano immagini straordinarie, realizzate con lampade professionali disposte con mano esperta e in un modo solo apparentemente casuale. E invece no. La qualità della luce, qui, è l’emanazione della sensibilità di Sovan, del suo colpo d’occhio, della sensibilità e del rispetto con i quali l’obiettivo cattura scene di ordinaria, povera vita. Il risultato è semplice e al tempo stesso coinvolgente, proprio come in un altro suo progetto, dove la fonte luminosa è lo schermo di un computer: ritratti di volti, senza filtri di post produzione, che vivono del freddo bagliore di uno schermo acceso e tremolante. Classe 1986, Philong Sovan sembra essere costantemente impegnato nella ricerca di nuove ispirazioni che solo la luce può dare. Ciò che sorprende positivamente, è che Sovan ancora si racconti con l’umiltà del neofita e senta il bisogno di spiegare bene, anche a parole, cosa intendesse esprimere, cosa stesse cercando, ma soprattutto perché. Numerosi i riconoscimenti, anche di livello internazionale, per questo artista che avremo la fortuna di incontrare con Christian Caujolle a Ferrara, dal 2 al 4 ottobre 2015 al Festival di Internazionale.